Le Marche, al centro del versante Adriatico: oltre 9000 chilometri quadrati, un terzo pianura, un terzo collina, un terzo montagna. Una terra che scende verso il mare attraversata da corsi d'acqua lungo i quali si sono sviluppati di agglomerati urbani ed industriali. La popolazione di quasi un milione e mezzo di abitanti si distingue per l'elevata attività: su cento residenti, quarantaquattro sono presenti sul mercato del lavoro.

Marchigiani laboriosi, sempre e comunque, al punto che una scritta sul portale di una sede comunale dell'entroterra piceno vieta alle donne che devono entrarvi di portare con se la paglia da intrecciare per fare cappelli. Una sintesi questa del processo evolutivo che ha caratterizzato lo sviluppo delle Marche dal dopoguerra ad oggi. All'inizio del secolo quasi tutta la popolazione era dedita all'agricoltura, il 70% direttamente ed il 25% indirettamente, mentre solo il 3% si occupava di attività industriali.

L'ultimo censimento, quello del 1991, manifesta in pieno l'avvenuta inversione: all'industria il 36% dell'occupazione, all'agricoltura il 10%, ai servizi il 54% della forza lavoro.

Dal 1981 la velocità di trasformazione è stata forte, soprattutto in direzione del terziario: per il nuovo secolo si prevede che questo settore assorbirà il 68% degli occupati, con l'industria al 24% e l'agricoltura all'8%.

Una rivoluzione particolarmente visibile e concreta nella provincia di Ascoli Piceno, nella parte meridionale della regione, al confine con l'Abruzzo ed il Lazio, estesa su più di duemila chilometri quadrati con quasi trecentosessantamila abitanti.

Area di confine fra due Italie storiche: non solo geograficamente ma anche sotto il profilo socio-economico per la compresenza di caratteri tipici delle regioni meridionali e delle aree del centro nord. Sin dagli anni cinquanta e fino al 1990 i 73 comuni della provincia sono stati suddivisi in due aree distinte: 25 comuni rientravano nel territorio agevolato dalla legislazione sul mezzogiorno mentre l'appendice settentrionale è una delle più significative espressioni dello sviluppo della piccola impresa maturata a livello nazionale nel dopoguerra.

Una provincia con una spiccata vocazione alla attività produttiva: su cento residenti il 65% è presente sul mercato di lavoro mentre il 59% ha un'effettiva occupazione.

L'industria è prevalente con il 39% degli addetti anche se i servizi sia pubblici che privati, ne assorbono un 48%; l'agricoltura infine rappresenta il 13% del totale.

Questa spiccata vocazione all'imprenditorialità porta l'attività economica a svolgersi prevalentemente in unità produttive di piccole dimensioni: oltre il 50% degli occupati lavora in aziende con meno di 10 dipendenti.

Forte è la specializzazione per alcune attività produttive nell'economia della provincia: prima fra tutte la produzione di calzature, con più di 2000 aziende e con una occupazione di oltre 20.000 unità che fanno di questa terra quella a più alta vocazione calzaturiera d'Italia. In collegamento a tale settore si è sviluppato un positivo fenomeno di aziende della componentistica, specializzate in minuterie metalliche, in fondi e finiture per la scarpa e la pelletteria.

Altri settori, come l'abbigliamento e gli alimenti surgelati, danno alla provincia un ruolo rilevante nella produzione nazionale. Infatti il 40% degli ortaggi surgelati italiani ed il 70% del pesce surgelato nel nostro paese sono lavorati nella provincia di Ascoli Piceno. Importanti sono anche la lavorazione del legno, della carta e le produzioni agro-alimentari.

Grande è il movimento verso l'estero: oltre il 60% della produzione di tutta l'industria manifatturiera è destinato ad andare fuori d'Italia, con un fatturato superiore ai 1.500 miliardi.

Principali protagonisti dell'export, di cui rappresenduttori del recupero del patrimonio artistico; un patrimonio che si esprime al massimo nel centro storico di Ascoli Piceno e anche risalta nei valori di tradizione e cultura presenti negli agglomerati di tutti i comuni della provincia.
Una provincia dove ancora viva e vitale è la protano oltre 900 miliardi, sono l'abbigliamento e le calzature.

Negli anni più recenti anche il comparto meccanico si è sviluppato in maniera significativa con unità produttive di livello interessante, posizionate su standards tecnologici avanzatissimi e con una vitalità imprenditoriale elevata.

La crescente specializzazione dell'edilizia favorisce lavorazioni di elevata tradizione come quelle del travertino. Edilizia o travertino sono i fili conduzione di capelli di paglia e tessuto. Dunque un'economia molto attiva e dinamica, che sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni: ai mutamenti della popolazione si contrappongono cambiamenti profondi sul versante produttivo e tecnologico.

Le aziende ricercano infatti formule di lavoro tali da assicurare la massima elasticità ed una piena reattività ai mutamenti del mercato, i centri di ricerca e formazione si vanno sviluppando in termini sia qualitativi che quantitativi e, nel volgere di pochi anni, determineranno un effettivo trasferimento dell'innovazione nei processi produttivi.

Una innovazione nello sviluppo di una provincia che non vuole soste, che vuole andare avanti. Andare avanti anche sulla strada del turismo: positivi sono i risultati della combinazione mare-monti con tradizioni gastronomiche, culturali e produttive in piena sintonia.

La provincia è tutto un sistema incentrato sull'uomo e sui suoi valori. Un sistema dove spicca anche l'antica tradizione marinara di San Benedetto del Tronto con il porto e le aziende della meccanica navale e della cantieristica che offrono uno scenario ideale di laboriosità.