Lavoro e Previdenza

In allegato la risposta d'interpello della Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con interpello n. 42 del 21 dicembre 2012) in merito alla corretta interpretazione dell’art. 2, comma 28, L. n. 92/2012, afferente al contributo addizionale pari all’1,4 % della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, applicabile ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato. In particolare, l’istante chiede precisazioni in ordine alle esclusioni dall’applicazione del predetto contributo, previste dal citato articolo 2, comma 29 lett. b), con specifico riferimento alle attività di carattere stagionale svolte da lavoratori assunti a termine.

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In allegato la risposta d'interpello della Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con interpello n. 41 del 21 dicembre 2012) in materia di requisiti necessari ai fini del rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva nel caso di imprese in concordato preventivo c.d. in continuità ex art. 186 bis Legge Fallimentare (R.D. n. 267/1942).

In particolare, l’istante chiede se sia possibile ottenere l’attestazione della regolarità contributiva nell’ipotesi in cui l’impresa sia sottoposta ad una procedura di concordato preventivo, nella modalità di continuazione dell’attività aziendale, in virtù di un piano – omologato dal competente Tribunale – che prevede l’integrale soddisfazione delle situazioni debitorie previdenziali ed assistenziali, sorte precedentemente al deposito della domanda di ammissione alla procedura medesima.

La risposta in sintesi:

"... Alla luce della disciplina sopra descritta, la fattispecie prospettata dall’interpellante sembrerebbe rientrare nel campo di applicazione dell’art. 5 del D.M. 24 ottobre 2007, recante l’elencazione dei requisiti utili ai fini del rilascio di un DURC, ovvero delle condizioni in presenza delle quali l’Istituto previdenziale attesta la correntezza nei pagamenti e negli adempimenti contributivi. Ci si riferisce in particolare al comma 2, lett. b) dell’art. 5 citato, secondo il quale “la regolarità contributiva sussiste inoltre in caso di sospensione di pagamento a seguito di disposizioni legislative”. Si sottolinea in definitiva che la ratio della procedura concorsuale, finalizzata a garantire la prosecuzione dell’attività aziendale e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, sarebbe disattesa qualora si riconoscesse un’incidenza negativa alle situazioni debitorie sorte antecedentemente all’apertura della procedura stessa. Ciò in quanto l’impresa sottoposta a concordato non avrebbe la possibilità di ottenere un DURC, se non alla chiusura del piano di risanamento, con conseguente ed inevitabile pregiudizio per il superamento della crisi.

In linea con quanto sopra argomentato ed in risposta al quesito proposto, si ritiene dunque che per l’azienda ammessa al concordato preventivo, ex art. 186 bis. L. F., sia possibile ottenere il rilascio di un DURC qualora ricorra la condizione di cui all’art. 5, comma 2. lett. b) D.M. 24 ottobre 2007, cioè nell’ipotesi in cui il piano, omologato dal Tribunale, contempli l’integrale assolvimento dei debiti previdenziali e assistenziali contratti prima dell’attivazione della procedura concorsuale. Va tuttavia precisato che in tal caso la sospensione dei pagamenti che, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. b) predetto non osta al rilascio del DURC deve necessariamente riferirsi a quelle obbligazioni che sono state prese in considerazione o comunque rientrano nell’ambito del concordato.

Gli Enti previdenziali potranno attestare inoltre la regolarità contributiva ai sensi dello stesso art. 5, comma 2, lett. b) solo qualora lo specifico piano di risanamento preveda la c.d. moratoria indicata dall’art. 186 bis, comma 2, lett. c) L. F. ed esclusivamente per un periodo non superiore ad un anno dalla data dell’omologazione. Trascorso detto periodo, infatti, la sospensione cessa di avere effetto e l’impresa, in mancanza di soddisfazione dei crediti assicurativi, deve essere “attestata” come irregolare".

Claudia Nicolai - Tel. 0736-273212

In allegato la risposta d'interpello della Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con interpello n. 38 del 21 dicembre 2012) in merito alla definizione di “lavoratori svantaggiati” di cui all’art. 2, n. 18), lett. d) e f), Reg. (CE) n.800/2008, richiamati dal novellato art. 20, comma 5 ter, lett. c), D.Lgs. n. 276/2003 ai sensi del quale è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato senza che debba trovare applicazione il c.d. “causalone” proprio in caso di utilizzo di tali lavoratori.

L’interpellante chiede in particolare chiarimenti sulla platea dei soggetti rientranti nella categoria:

- degli “adulti che vivono soli con una o più persone a carico” (lettera d), Reg. CE n. 800/2008);

- dei “membri di una minoranza nazionale all’interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile” (lettera f), Reg. CE n. 800/2008).

La risposta in sintesi:

"...Per quanto riguarda l’individuazione della prima categoria di lavoratori svantaggiati, ovvero “gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico”, occorre analizzare i diversi requisiti previsti dalla disposizione comunitaria, ovvero: la “qualità” di adulto, il carico familiare e la convivenza o meno con familiari a carico. In primo luogo si ritiene possano definirsi “adulti” coloro che hanno superato i 25 anni di età, atteso che nella stessa disciplina comunitaria è invece considerato “giovane” colui che ha un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Quanto, invece, alla circostanza secondo la quale gli adulti devono vivere “soli con una o più persone a carico”, si ritiene che la disposizione voglia riferirsi sia alla composizione – al momento dell’assunzione – del nucleo familiare del soggetto in posizione di svantaggio, sia alla definizione di familiare “a carico”, data nel nostro ordinamento dall’art. 12 del T.U.I.R..

In tale prospettiva, pertanto, deve ritenersi applicabile la disciplina dell’art. 20, comma 5 ter, lett. c), D.Lgs. n. 276/2003 qualora il lavoratore, anche attraverso il certificato anagrafico concernente lo “stato di famiglia”, risulti il solo soggetto a sostenere il nucleo familiare, in quanto con una o più persone fiscalmente “a carico”. In alternativa al certificato anagrafico concernente lo stato di famiglia, il lavoratore potrà comunque presentare, al momento dell’assunzione, dichiarazione sostitutiva della certificazione, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, a dimostrazione sia della composizione del nucleo familiare che del “carico familiare”. Per individuare, invece, coloro che appartengono alla categoria dei “membri di una minoranza nazionale all’interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile” di cui alla lettera f), Reg. (CE) n. 800/2008, occorre riferirsi a tutte quelle minoranze che, sulla base di specifici provvedimenti, risultano già individuate in ragione dell’appartenenza linguistica. Ci si riferisce, in particolare, alle minoranze “linguistiche storicamente insediate sul territorio italiano” contemplate dall’art. 2 della L. n. 482/1999 che promuove, in attuazione dell’art. 6 della Costituzione, all’art. 1, comma 2, “la valorizzazione delle lingue e delle culture” delle popolazioni ivi individuate e che, in base a tale Legge, risultano ufficialmente riconosciute in Italia.

In ogni caso si ritiene che debba coesistere in capo al soggetto beneficiario, al momento dell’assunzione, oltre al requisito dell’appartenenza alla minoranza linguistica, dimostrabile anche con autocertificazione ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, anche il necessario presupposto richiesto dalla disciplina comunitaria secondo cui il lavoratore presenti la “necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile”. Si ritiene in tal modo di poter compiutamente identificare i soggetti ritenuti dal Legislatore Comunitario meritevoli di tutela e di poter soddisfare le necessità insite nella disposizione della lettera f), Reg. (CE) n. 800/2008".

Si riporta, in allegato, il relativo interpello.


Claudia Nicolai -0736-273212

In allegato la risposta d'interpello della Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con interpello n. 40 del 21 dicembre 2012) in merito alla corretta fruizione delle agevolazioni contributive ex art. 8, comma 2 della L. n. 223/1991. In particolare, l’istante chiede se sia possibile godere dello sgravio contributivo in questione nell’ipotesi in cui un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità sia utilizzato da un’impresa attraverso lo strumento della somministrazione di lavoro ai sensi dell’art. 20, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 e sia successivamente assunto, ancora come lavoratore iscritto nelle liste di mobilità, dalla medesima impresa con contratto a termine di 12 mesi ai sensi dell’art. 8, comma 2, della L. n. 223/1991.

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La legge di stabilità 2013 (Legge 24/12/2012 n. 228) ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2013 della possibilità di stipulare contratti di solidarietà difensivi (al fine, cioè, di evitare o ridurre eccedenze di personale) da parte delle imprese che non rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria, nel limite di 35 milioni di euro.

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